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Nel Paese dei ciechi di Herbert George Wells

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Nel Paese dei ciechi di Herbert George Wells Empty Nel Paese dei ciechi di Herbert George Wells

Message  idaM Sam 5 Aoû - 12:57

Nel paese dei ciechi è un racconto breve  di Herbert George Wells, che qualcuno considera fantascientifico, ma che io credo sia fantastico. L’impronta scientifica, però, c’è e rivela lo scienziato che era Wells, che fu allievo di T.H. Huxley, il “mastino di Darwin” ed era convinto sostenitore della teoria evoluzionista. Visse tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, epoca in cui gli intellettuali e i letterati erano protesi verso   possibili e auspicate rivoluzioni sociali e si mostravano sicuramente attratti dal mondo leggendario ed esotico di regioni lontane.
Il paese dei ciechi è, infatti, un paese leggendario ambientato nelle Ande ecuadoriane, isolato dal resto del mondo. Il racconto parla di Nuñez, un alpinista che durante un’escursione sulle Ande precipita e, dopo un volo di più di trecento metri, si ritrova miracolosamente illeso in una valle, un luogo quasi incantato per la bellezza e la suggestione dell’ambiente, per la freschezza delle acque e la ricchezza della terra e che poi scopre essere la sede del leggendario paese dei ciechi.
Questi hanno i sensi molto sviluppati e si ritengono portatori di un’antica e solida saggezza, nonché di una granitica convinzione della giustezza, unica verità, del proprio modo di vivere.  Contrariamente a quanto pensa Nuñez, non si fanno per nulla guidare da lui che continua a ripetersi il detto “Un mezzo orbo è il re dei ciechi” e ostenta la sua superiorità di vedente rispetto a loro che sono ciechi e anzi considerano lui un inetto e un ammalato. “E’ rude come le rocce che l’hanno partorito” oppure “Ha i sensi ancora imperfetti, inciampa, dice parola senza significato ” oppure “l’avete sentito? Bogotà. Non ha ancora l’intelletto sviluppato. Possiede solo rudimenti del linguaggio“
Dopo un periodo in cui cerca invano di informarli sul mondo dei vedenti e parlare loro della vista, si nasconde per un po’, ma poi ritorna tra loro, deciso a integrarsi nel loro mondo. Conosce e si innamora della figlia del capo tribù, ma questi decide che per poter sposare la figlia deve farsi cavare gli occhi e diventare cieco per essere totalmente come loro, una volta guarito da quella che loro chiamano ossessione della vista, una specie di psicosi che lo rende inferiore e non adatto dunque a vivere in mezzo a loro. Nuñez girovaga in cerca di una decisione nei giorni precedenti l’intervento e alla fine decide di scappare e non farsi più vedere.
Un racconto paradossale che mi ha molto colpito la prima volta che lo lessi, tantissimi anni fa e che ora ho ripreso in seguito ad una conversazione su Zoom dove parlavamo dei condizionamenti sociali e della difficoltà di integrazione in un paese straniero.
Il tema principale del racconto è la concezione della diversità: Nuñez, vedente, è considerato diverso dai ciechi che non conoscono la vista perché vede e i suoi tentativi di convincere gli abitanti dell’importanza della vista sono considerati un delirio.
Il punto di vista dei ciechi rispetta la chiusura mentale e l’impossibilità di aprirsi a nuove realtà e modi di vederla e interpretarla. Quando si è così, il dialogo e la convivenza sono impossibili e regna l’intolleranza che si rende colpevole e responsabile di azioni disumane e vergognose. Gli abitanti di questa valle sono talmente abituati a non vedere che considerano malato il racconto di chi vede e diversa e inetta la persona che dice di vedere.
La futura sposa Medina-sadotè è l’unica che si apre a nuovi possibili orizzonti e rimane affascinata dai racconti che Nuñez fa delle metropoli e del variegato mondo al di fuori e aldilà della valle isolata in cui vive, ma sottostà al volere/potere del consiglio degli anziani e di suo padre che ne è il capo e accetta la barbara decisione di renderle cieco l’uomo che ama. Anche lei, però, sostanzialmente è una diversa all’interno della sua comunità, per via delle palpebre sporgenti e delle lunghe ciglia ed è facile capire come i due si siano intesi e poi innamorati. “Con grande cautela, molto timidamente, le parlò della vista. A lei, quell’invenzione della vista, parve un’invenzione poeticissima, e stette ad ascoltare la descrizione delle stelle, dei monti, della sua stessa dolce bellezza rischiarata dalla luna, come cedendo ad una colpevole debolezza. Non ci credeva, anzi capiva solo in parte; ma ne era misteriosamente deliziata, ed egli ha potuto credere ch’ella avesse capito tutto”
La ragazza rappresenta l’impossibilità di immaginare una convivenza con un diverso, in una comunità che non lo accetta perché vorrebbe dire rinunciare al senso d’appartenenza. Non conta e non è sufficiente il sentimento se questo può isolarti e, sicuramente occorre molto coraggio e determinazione per farlo, qualità che è difficile possa avere una persona fragile e, in un certo senso emarginata o poco considerata.
Nuñez scappa dimostrando la consapevolezza che i suoi valori sono imprescindibili e che sarebbe una follia farsi togliere i bulbi oculari e, rinunciando alla vista, negare la sua appartenenza ad un’altra visione della vita, la sua e quella della sua gente sana.
Mi viene in mente il bellissimo libro Cecità del portoghese Premio Nobel José Saramago, scritto circa cento anni dopo, dove l’amore di una donna salva la comunità. Certo il contesto e la tematica sono completamente differenti, ma simile è la situazione dove una donna (anche qui una donna) è l’unica vedente in una città dove una strana e misteriosa malattia, il “mal bianco”, ha reso tutti ciechi.
La riflessione mi ha fatto sorgere tante domande.
Perché continua ad esistere l’intolleranza fondamentalista?
Qual è la verità? La nostra di vedenti o quella dei non vedenti della valle?
Esiste una verità o al contrario è vero il relativismo che mescola le carte e scompiglia e sconvolge le nostre certezze razionaliste?
Ma noi, figli dell’Illuminismo vediamo davvero o siamo anche noi ciechi e crediamo a quello che ci fanno credere?
Se così dovesse essere, allora avrebbero ragione i complottisti che oggi imperversano nella nostra società contemporanea?
È importante davvero la vista di fronte alla possibilità di vivere organizzati e tranquilli come i ciechi della valle?
Al di là del paradosso che tutti noi avvertiamo nel racconto e che è certamente frutto di una fervida immaginazione fantastica, il racconto mi ha fatto riflettere spingendomi a filosofeggiare.
Le risposte che mi do? L’intolleranza e la discriminazione sono delle davvero brutte bestie che dobbiamo impegnarci molto per sconfiggere in nome di una società libera, aperta, capace di pacifica convivenza, partendo dalla convinzione che il “normale” non esiste e dunque neanche il diverso, che tutti siamo diversamente normali semmai, perché siamo tutti preziosi essendo la vita in sé e non per ceto sociale, cultura o ricchezza, un dono speciale che il creatore ci ha donato e che dobbiamo vivere appieno e con gioia, riconoscenti.
Un sogno? Voglio credere che non lo sia.      


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Message  MurielB Dim 6 Aoû - 23:04

Grazie mille Ida per aver avviato con questo libro un'interessante riflessione filosofica. Anche il mondo dei ciechi, che si è progressivamente chiuso rispetto a quello dei vedenti, si è evoluto e ha acquisito un modo diverso di vedere le cose. Quando si perde uno dei sensi, si sviluppano tutti gli altri. Al café polyglotte di Calais c'è un cieco al tavolo dei tedeschi. Ci siamo resi conto che aveva sviluppato altri sensi, come l'udito, ma soprattutto che sentiva certe cose meglio di noi. Nel libro di cui stiamo parlando, Nunes ha una visione del mondo completamente diversa.  Ci si può integrare quando si è completamente diversi? Deve accettare la cecità per poter vivere con la ragazza che ha scelto? Se sei diverso da me, lungi dal danneggiarmi, mi valorizzi. Questo vale per due persone. È vero anche quando devi vivere in una comunità in cui tutti i membri sono completamente diversi da te?
Non lo so. So solo che è importante sviluppare l'empatia ogni volta che si incontra qualcuno di molto diverso da noi. Questa capacità di immedesimarsi nei sentimenti altrui mi sembra estremamente arricchente.

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